martedì 9 maggio 2017

Le fenicie

"Le fenicie" è una delle tragedie di Euripide e tratta un episodio del ciclo tebano.  L'argomento è lo stesso della tragedia di Eschilo "i Sette contro Tebe", cioè il contrasto tra due fratelli, Eteocle e Polinice, entrambi figli di Edipo. 
L'opera venne rappresentata per la prima volta ad Atene tra il 410 e 409 a.C., poco dopo un colpo di Stato oligarchico. In quel periodo Atene stava affrontando un periodo di crisi, indebolita dalla Guerra del Peloponneso.
Euripide ha scelto di mettere in scena un'opera che rappresenta un invito alla concordia proprio in questo periodo complesso, per invitare tutti i cittadini a evitare che anche Atene potesse essere colpita da sventure simili a quelle del mito tebano. Infatti gli episodi della tragedia hanno come sfondo lo scontro tra tirannia e democrazia e pare evidente il messaggio di Euripide: salvaguardare la democrazia mettendo da parte gli egoismi che caratterizzano i personaggi del suo dramma e che porteranno a disastri.



La tragedia  prende il titolo da un gruppo di donne straniere, che costituiscono il coro: si tratta di un gruppo di schiave fenicie inviate da Tiro al santuario di Delfi e bloccate dalla guerra mentre transitavano da Tebe. 
Giocasta in funzione di prologo racconta una sintesi delle vicende antecedenti, cioè la maledizione di Edipo. Concluso il racconto, il coro svolge il suo primo intervento: quando arriva Polinice e interroga le donne del coro per conoscere la loro provenienza, Giocasta lo vede e lo accoglie. Poi Polinice racconta la profezia di Apollo che ha spinto Adrasto a fargli sposare la figlia: l'oracolo aveva predetto che le due figlie del re sarebbero andate in sposa ad un cinghiale e ad un leone. Polinice e Tideo, figlio di Oineo, erano arrivati profughi alla casa di Adrasto, che vedendoli contendere una pelliccia di animale per coprirsi, li aveva associati alla profezia. Adrasto aveva giurato ai due generi di riportarli in patria. Polinice aveva ottenuto in questo modo l'esercito che stava assediando Tebe.
Quando arriva Eteocle, Giocasta apre la discussione tra lui e Polinice.
Polinice dice di essere disposto a togliere l'assedio se Eteocle gli cederà il trono, ma Eteocle rifiuta. Eteocle scaccia Polinice minacciandolo di morte e Polinice a sua volta promette la guerra. Eteocle incontra Creonte (fratello di Giocasta). I due discutono della strategia militare per il combattimento e Creonte gli dice che l’esercito di Polinice intende dividere le proprie forze in sette gruppi perché attacchino le sette porte di Tebe.
Intanto l'indovino Tiresia dice l’unico rimedio possibile per salvare Tebe  è necessaria l’uccisione di Meneceo, figlio di Creonte. Meneceo finge di accettare ma poi si suicida.
Dopo un primo attacco da parte di Polinice i due fratelli vogliono risolvere la questione tra loro, e si uccidono a vicenda.
Giocasta si suicida sui loro cadaveri con una delle loro spade.
La conclusione del duello però non è stata accettata dai belligeranti come conclusione della guerra, perchè nessuno dei due aveva riportato la vittoria.
“Le Fenicie” è una tragedia corale, che presenta molti personaggi, e nessuno di loro può veramente definirsi protagonista della storia. In questo modo, Euripide non approfondisce la psicologia di ogni personaggio, preferendo presentarli in una situazione di gruppo. Si tratta di un gruppo la cui sorte è segnata: Eteocle e Polinice sono entrambi irremovibili nelle loro motivazioni e, rifiutando qualsiasi accordo finiscono per morire entrambi.
Alla fine della tragedia tutti i personaggi sono morti o esiliati (con l'eccezione di Creonte, re di Tebe) e lasciano la scena vuota e abbandonata.

Per approfondire: Il mito antico che ci racconta il presente


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