"Le fenicie" è
una delle tragedie di Euripide e tratta un episodio del ciclo tebano. L'argomento è lo stesso
della tragedia di Eschilo "i Sette contro Tebe", cioè il contrasto
tra due fratelli, Eteocle e Polinice, entrambi figli di Edipo.
L'opera venne rappresentata
per la prima volta ad Atene tra il 410 e 409 a.C., poco dopo un colpo di Stato
oligarchico. In quel periodo Atene
stava affrontando un periodo di crisi, indebolita dalla Guerra del Peloponneso.
Euripide ha scelto di
mettere in scena un'opera che rappresenta un invito alla concordia proprio in
questo periodo complesso, per invitare tutti i cittadini a evitare che anche
Atene potesse essere colpita da sventure simili a quelle del mito tebano. Infatti gli episodi
della tragedia hanno come sfondo lo scontro tra tirannia e democrazia e pare
evidente il messaggio di Euripide: salvaguardare la
democrazia mettendo da parte gli egoismi che caratterizzano i personaggi del
suo dramma e che porteranno a disastri.
La tragedia prende il titolo da un gruppo
di donne straniere, che costituiscono il coro: si tratta di un gruppo di
schiave fenicie inviate da Tiro al santuario di Delfi e bloccate dalla guerra
mentre transitavano da Tebe.
Giocasta in funzione di
prologo racconta una sintesi delle vicende antecedenti, cioè la maledizione di
Edipo. Concluso il racconto, il
coro svolge il suo primo intervento: quando arriva Polinice e interroga le
donne del coro per conoscere la loro provenienza, Giocasta lo vede e lo
accoglie. Poi Polinice racconta la
profezia di Apollo che ha spinto Adrasto a fargli sposare la figlia: l'oracolo
aveva predetto che le due figlie del re sarebbero andate in sposa ad un
cinghiale e ad un leone. Polinice e Tideo, figlio di Oineo, erano arrivati
profughi alla casa di Adrasto, che vedendoli contendere una pelliccia di
animale per coprirsi, li aveva associati alla profezia. Adrasto aveva giurato
ai due generi di riportarli in patria. Polinice aveva ottenuto in questo modo
l'esercito che stava assediando Tebe.
Polinice dice di essere
disposto a togliere l'assedio se Eteocle gli cederà il trono, ma Eteocle
rifiuta. Eteocle scaccia Polinice
minacciandolo di morte e Polinice a sua volta promette la guerra. Eteocle incontra Creonte
(fratello di Giocasta). I due discutono della strategia militare per il
combattimento e Creonte gli dice che l’esercito di Polinice intende dividere le
proprie forze in sette gruppi perché attacchino le sette porte di Tebe.
Intanto l'indovino Tiresia
dice l’unico rimedio possibile per salvare Tebe è necessaria l’uccisione
di Meneceo, figlio di Creonte. Meneceo finge di accettare ma poi si suicida.

Giocasta si suicida sui
loro cadaveri con una delle loro spade.
La conclusione del
duello però non è stata accettata dai belligeranti come conclusione della
guerra, perchè nessuno dei due aveva riportato la vittoria.
“Le Fenicie” è una
tragedia corale, che presenta molti personaggi, e nessuno di loro può veramente
definirsi protagonista della storia. In questo modo, Euripide non approfondisce
la psicologia di ogni personaggio, preferendo presentarli in una situazione di
gruppo. Si tratta di un gruppo la cui sorte è segnata: Eteocle e Polinice sono
entrambi irremovibili nelle loro motivazioni e, rifiutando qualsiasi accordo
finiscono per morire entrambi.
Alla fine della tragedia
tutti i personaggi sono morti o esiliati (con l'eccezione di Creonte, re di
Tebe) e lasciano la scena vuota e abbandonata.
Per approfondire: Il mito antico che ci racconta il presente
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