giovedì 4 maggio 2017

IL TEATRO GRECO
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Quanto straordinario fosse considerato il teatro greco anche nell’antichità, è dimostrato dal fatto che è uno dei pochissimi teatri greci di cui le fonti storiche ricordino il nome dell’architetto: Damocopo, detto Myrilla. La sua esistenza è già accertata nel V sec. a.C.; Eschilo vi rappresentò per la prima volta le Etnee, scritte in onore del tiranno Jerone I  dopo la fondazione della città di Etna nel 476 a.C., e poi ancora , sempre per la prima volta, “I Persiani”. L’aspetto attuale, che ne fauno fra i più grandi teatri del mondo greco, si deve tuttavia al radicale rifacimento voluto da Jerone II nel III sec. a.C .
Nei secoli, tutte le parti costruite furono distrutte per ricavarne materiale da costruzione, probabilemente per le fortificazioni spagnole e, più tardi, per l’impianto di alcuni mulini ad acqua che nel XVI secolo furono istallati all’interno dell’orchestra, sulla cavea e nelle adiacenze.  Ciò che rimane della grandiosa mole del teatro antico è il nudo scheletro dell’edificio scavato nella roccia, che utilizza un pendio naturale sulle pendici meridionali dell’Epipoli (uno dei cinque quartieri dell'antica Siracusa): la parte media e inferiore della cavea (la parte superiore era in blocchi ed è stata,come detto, distrutta), l’orchestra e il basamento dell’edificio scenico. 
Il teatro greco: cavea, orchestra e resti dell'edificio scenico
La cavea (spazio destinato agli spettatori) misura m. 138,60 m. di diametro. E' divisa in due settori,  in senso orizzontale, da  un ampio corridoio semicircolare (diazoma) a metà altezza, comprendeva in origine 67 ordini di gradini; otto scalette delineano in senso verticale nove cunei e permettevano l’accesso ai vari ordini di gradini. Sulla  parete che delimita a nord il diazoma sono incise, in corrispondenza di ciascuno dei cunei, delle iscrizioni che riportano nomi di divinità e personaggi  della famiglia del basileus.  Al centro, il nome di Zeus Olimpio; ad est, quelli di Eracle e Demetra; ad ovest, i nomi di Jerone II, di sua moglie la regina Filistide,  di Nereide sua nuora; su questo lato era probabilmente anche il nome del figlio Gelone II.

L’orchestra è lo spazio semicircolare ai piedi della cavea, in cui originariamente si trovava l’altare dedicato a Dioniso, divinità il cui culto è strettamente legato alla nascita e allo sviluppo del teatro nel mondo greco, e in cui agiva il coro, componente essenziale dell’azione drammaturgica antica. Intorno all’orchestra, correva un  canale (euripo), che separava lo spazio riservato al coro da quello destinato agli spettatori . Il piano era originariamente pavimentato con lastre di marmo, oggi perdute.
Orchestra e basamento dell'edificio scenico
Dell’edificio scenico non restano altro che le numerose tracce impresse sulla roccia  (fori, cavità, cunicoli, canalette), spesso difficilmente interpretabili,  che testimoniano delle molteplici trasformazioni subite dalla scena attraverso i secoli, soprattutto nel passaggio fra l’età ellenistica e quella romana. Un lungo canale scavato nella roccia che attraversa l’orchestra in senso N.S. e termina in un piccolo vano quadrato è stato interpretato come “scale carontee”, un sistema di passaggi coperti che permetteva l’apparizione o la scomparsa improvvisa di personaggi sulla scena. Un altro canale in senso est-ovest era forse  utilizzato per l’alloggiamento e la movimentazione del sipario.
In età tardo-imperiale, l’orchestra fu adattata per ospitare spettacoli di giochi d’acqua (colymbetra). Gli ultimi rifacimenti risalgono all’inizio del  V secolo, quando il governatore della Sicilia Nerazio Palmato apportò nuove modifiche all’edificio scenico.
La terrazza sovrastante la cavea, tagliata nelle pendici del colle detto Temenite (per la presenza di un antico santuario, temenos,  dedicato ad Apollo, i cui resti sono stati individuati ad est del teatro) era originariamente  coronata da un portico a L, di cui resta oggi solo parte della fondazione. Al centro del lato settentrionale, una grande grotta artificiale (il cosiddetto Ninfeo), con  una vasca rettangolare rivestita in coccio pesto costituisce lo sbocco di un grande acquedotto di età greca, detto Galermi. La grotta è fiancheggiata da nicchie che originariamente ospitavano statue, e che in età tardo-antica furono utilizzate come sepolcri. Resti di un fregio dorico sono ancora riconoscibili sulla parete, in corrispondenza dell’apertura della grotta. Sulla base di due iscrizioni provenienti dal portico, il complesso è stato identificato come Mouseion, luogo dedicato alle Muse, sede ufficiale della corporazione degli attori.

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