LA TRAGEDIA
La tragedia Greca è un
genere teatrale che univa recitazione, canto
e danza, nato nell’antica Grecia intorno al VI secolo a.C., si diffuse anche in Asia minore, ma raggiunse la sua massima importanza ad Atene nel V secolo.
Il nome deriva dalla parola greca “τραγῳδία”, che significa letteralmente
canto dei capri, riferendosi ai satiri. L’etimologia richiama anche un
sacrificio che veniva svolto in epoca arcaica in onore di Dioniso, di cui resta il ricordo anche nell'altare a lui dedicato al centro dell'orchestra di ogni teatro.
Mosaico romano con maschere teatrali, una di satiro |
Dioniso |
Tra le più
importanti tematiche affrontate dalla tragedia si possono individuare le
considerazioni sulle responsabilità individuali nell'agire umano, sul rispetto della giustizia,
sul nesso tra colpa umana e castigo divino, sulla necessità di controllare
passioni e sentimenti. I più importanti e riconosciuti autori di tragedie
furono Eschilo, Sofocle ed Euripide.
La tragedia è
l’estensione drammatizzata dei riti in onore di Dioniso e deriva dalle cerimonie
in suo onore, in origine probabilmente dei canti (ditirambo) che narravano eventi e storie tratti dal mito. Nel 433 a.C. l’importanza della
rappresentazione delle tragedie aumentò, poiché iniziarono a far parte delle
Lenee, ovvero le feste delle Baccanti, legate al culto di Dioniso, che si
svolgevano tra gennaio e febbraio.
In occasione delle rappresentazioni
drammatiche lo stato bandiva dei concorsi, in cui gli arconti sceglievano tre
poeti che avrebbero vinto fra i concorrenti. Ognuno di essi doveva presentare
quattro opere, tra cui tre tragedie e un dramma satiresco. Al termine delle
rappresentazioni i giudici assegnavano come premio al poeta vincitore una
corona d’edera, oltre ad un cospicuo premio in denaro.
Secondo la tradizione nel 534 a.C. la vittoria in questo concorso andò a Tespi, che presentò la prima tragedia, ovvero un canto corale intervallato da
parti recitate da un attore e preceduto da un prologo. Fu lui quindi ad introdurre il
primo attore (υποκριτης) che dialogava col coro, per cui i fatti che prima
erano narrati dal corifeo (capo coro) ora venivano rappresentati. Pare inoltre che sempre Tespi abbia iniziato a trattare diverse leggende mitologiche, non più legate esclusivamente al culto di
Dioniso, ma è probabile che sotto il suo nome vengano raggruppate modificazioni di età successive.
La sua rappresentazione ottenne tanto successo che non solo riportò la
vittoria, ma da allora venne istituito un concorso annuale per questo nuovo
genere di rappresentazione. Sarebbe stato successivamente Eschilo ad introdurre il secondo attore, ampliando così la parte riservata al dialogo, rispetto a quella lirica del coro e introducendo la possibilità di porre a confronto idee e individualità diverse. Sofocle, infine, avrebbe introdotto il terzo attore (questo rimase il numero definitivo di attori in scena contemporaneamente , ciascuno di essi poteva però interpretare più ruoli, cambiando maschera) e l'utilizzo della scenografia, ma soprattutto avrebbe portato il numero dei coreuti da 12 a 15, consentendo al corifeo (capo coro) di assumere una funzione di spicco e ben distinta dal resto del gruppo.
Eschilo ( 525-456 a.C.) |
Sofocle (497-406 a.C.) |
C. Barberis, E.Noseda, "Geoarché", vol. 1, Principato, 2012
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