Le monete dell'antica grecia sono considerate le più
belle e di maggiore contenuto artistico tra tutte quelle prodotte
dall'introduzione della moneta stessa. Esse sono inoltre
caratterizzate da un elevato rilievo delle immagini raffigurate,
spesso frutto del lavoro di grandi artisti.
La
monetazione d’argento di Egina con la sua tartaruga, marina poi
terrestre, è sicuramente la prima apparsa nella terra greca per
stile e tecnica (attualmente si ritiene che sorse dopo le prime
emissioni in elettro della Lidia).
Per
l’intensa attività mercantile degli egineti, questa moneta ebbe
larga diffusione e il suo standard ponderale fu imitato da altre
città della Grecia, di Creta, dell’Asia Minore.
Con
la monetazione ionica presenta qualche somiglianza tipologica la
prima produzione di Atene, le cosiddette Wappenmünzen
o monete araldiche, le didramme, che avevano
tutte il medesimo quadrato incuso sul rovescio, ma una varietà di
immagini sull’altra faccia. Emesse per qualche decennio, a partire
dal 560 ca. a.C., queste serie sembra fossero destinate a un utilizzo
locale, come fanno supporre la ristretta area di circolazione e
l’assenza del nome della città.
Intorno
all’ultimo quarto del 6° sec. le Wappenmünzen
furono sostituite da una nuova monetazione che, pur avendo in comune
con quelle il sistema ponderale, si basava su un nominale doppio
delle Wappenmünzen,
cioè un pezzo da 4 dracme (tetradracma), e si qualificava subito
come ateniese attraverso le immagini: la testa con elmo di Atena su
una faccia e la civetta, uccello sacro ad Atena, sull’altra.
Questa
coniazione, destinata a diventare la più importante del mondo
antico, segnò un passo avanti nella produzione monetale anche sotto
il profilo artistico: l’introduzione della doppia immagine,
attraverso la sostituzione della rozza partizione del quadrato incuso
con la civetta, si accompagnò a un notevole livello di resa
stilistica.
Progettate
come strumento per i traffici internazionali, le tetradracme, battute
in quantità consistenti, si diffusero rapidamente raggiungendo la
Sicilia, l’Egeo e altre regioni lontane. La tipologia rimase
costante nel tempo e la moneta fu comunemente indicata col nome
di civetta.
La
moneta di Corinto cominciò a circolare intorno al 570-560 a.C. e fu
fin dall’inizio larga e sottile (diversamente da quelle spesse e
globulari delle altre zecche). Essa raffigurava su una faccia un
Pegaso, in riferimento al racconto mitologico che collega a Corinto
il cavallo alato, e sul rovescio un quadrato incuso scomposto in
triangoli, poi sostituito dalla testa con elmo di Atena.
In
rapporto col particolarismo dell’organizzazione politica, numerose
altre zecche furono attive nel mondo greco, ciascuna con proprie
immagini e un proprio sistema monetale, legato ai valori ponderali di
base e ai modi di frazionamento ora dell’una ora dell’altra
polis.
Le
colonie greche dell’Italia meridionale e della Sicilia si aprirono
all’uso e alla produzione di moneta negli ultimi decenni del 6°
sec., adeguandosi ai modi della madrepatria nella scelta del metallo
e nel taglio dei nominali.
Nella
Sicilia greca le prime città ad aprire una zecca furono Nasso,
Zancle, Imera, Selinunte, che scelsero ciascuna una propria tecnica,
con tipologia e, talvolta, metrologia diverse; seguirono Gela,
Siracusa, Agrigento.
Il
5° sec. segna l’acme nella produzione monetale in Sicilia, in
termini di volume e di livello artistico, in concomitanza con la
posizione di prestigio assunta dai tiranni locali, soprattutto a
Siracusa e Agrigento. Di particolare pregio la moneta siracusana, con
le immagini della quadriga sul dritto e della testa femminile (la
ninfa Aretusa) sul rovescio.
Un
fenomeno analogo di diffusione su vasta scala di una specie monetale
si ripeté durante l’ellenismo con le serie di Filippo di Macedonia
e più ancora di Alessandro Magno.
Questi
(336-323 a.C.) modellò la propria monetazione trimetallica sul
sistema ponderale e monetale attico, facendola diventare il
circolante unico all’interno del vasto impero. Le numerose zecche,
impiantate via via nei territori di nuova accessione, coniavano tutte
(in Grecia e Asia Minore, a Cipro, in Siria e Fenicia, in Egitto e
Babilonia) le medesime monete, uguali nel metallo, nel peso, nel
nominale, nelle raffigurazioni del pantheon ellenico (Atena, Zeus,
Eracle), e con il nome di Alessandro: con il superamento del
particolarismo politico era superato anche quello monetale greco.
Il
ritratto comparve sulle monete con i successori di Alessandro che,
dopo la spartizione dell’impero, apposero la propria immagine sulle
nuove emissioni, a cominciare da Tolomeo in Egitto e Seleuco Nicatore
in Asia. Era così introdotta definitivamente una sostanziale
innovazione: la rappresentazione di un personaggio vivente, prima
d’allora vietata sulla moneta greca.
Tre
periodi
La storia delle monete greche antiche può essere
suddivisa in tre periodi: il periodo arcaico, quello classico e
quello ellenistico. Il periodo arcaico inizia con l'introduzione
della moneta nel mondo greco (ca. 600 a.C.) fino alle guerre persiane
(ca 480a.C). Poi inizia il periodo classico, che termina con le
conquiste di Alessandro Magno (ca.330 a.C., quando ha inizio il
periodo ellenistico che arriva fino all'assorbimento da parte
dell'Impero Romano del mondo greco nel I sec.a.C.). Molte città
greche continuarono a produrre le loro monete per molti secoli anche
durante l'Impero romano.
Tecniche di produzione
Tutte le monete greche erano battute al martello. Il
disegno del dritto e quello del rovescio erano incisi (al contrario)
in blocchi di ferro detti conii. Un dischetto (tondello) d'oro o
d'argento, riscaldato per renderlo malleabile, era sistemato tra
questi due blocchi. Il conio superiore veniva colpito con forza con
un martello ed imprimeva così l'immagine su entrambe le facce della
moneta. Questa tecnica era abbastanza rozza e produceva quindi
un'elevata quantità di insuccessi, cosicché l'alto standard tecnico
raggiunto dalle migliori monete – la perfetta centratura
dell'immagine sul disco metallico, la corretta distribuzione del
rilievo su tutta la moneta, la nitidezza del bordo – è una
testimonianza del perfezionismo dei Greci.
Sistema monetario
L'unità fondamentale del sistema monetario era l'obolo.
Il
nome dracma deriva dal verbo δράττω
(afferrare). Inizialmente una dracma era pugno di sei oboli,
spiedi di metallo utilizzati come valuta fin dal 1100 a.C..
La
dracma
(in greco moderno Δραχμή
pl. Δραχμές),
il nome della moneta nel mondo antico,
è
stato ripreso in Grecia dopo il 1832 per indicare la valuta rimasta
in uso fino all'introduzione dell'euro.
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